Visualizzazioni totali

mercoledì 25 luglio 2012

A un'amica che si sposa


Ho un debito di riconoscenza con il libro sacro di Khoélet. Mi piace ogni tanto assaggiarlo e annegare in esso pensieri e stati d’animo. Trovo sia molto musicale. Le parole sacre si accompagnano bene con i suoni dell'anima.
Sono legato per via naturale al tempo del cosmo, che non passa mai, e ai tempi della vita che allungano le ore in tracce di infinito. Ho in dono la lentezza del tempo, contemplare la natura, veder nascere, destinare a passi lenti la vecchiaia, offrire il mio sguardo di rispetto e gratitudine a una vita che si spegne.
Amo il tempo che passa. E che si lascia accarezzare. Le stagioni della vita sono diverse, uniche, e diverse e uniche sono le esperienze che ne facciamo. Ne rammendiamo, qualche volta, il loro dispiegarsi nel tempo come fili di lana dispersi nel grande gioco della vita.
Ma il tempo corre, inesorabile. Sta a noi renderlo sorriso e godimento.
C’è il tempo dell’amore, del corteggiamento, c’è il tempo della lotta, il tempo della musica e del ritmo, il tempo del camminare e del guado di altri mondi, il tempo per qualcosa che non riusciamo ancora bene a decifrare.
E poi c’è il tempo del parlarsi. Da soli, in compagnia. Il più bello.

Ecco, se dovessi pensare, in questo giorno di luglio che benedico nel tuo nome, al tempo che passa, proverei a dire che proprio oggi, tu, hai una possibilità in più: mettere insieme tutti i tuoi tempi passati e proiettarli in un magnifico tempo di futuro.
È la promessa. La parola data. Che non ha bisogno di religione, di atti e certificati. In cui musica, amore, felicità, coscienza e dono si fanno cammino insieme e bene comune.
Capita raramente che avvenga. Forse una sola volta nella vita.

Ti auguro di accettare questo tempo come i vecchi contadini, una volta, dissotterravano i frutti della terra. Con sudore, fatica e sorriso.
Non sarà una passeggiata. Ma l’ennesima prova che il grande gioco della vita ti dà in pasto per conservarti persona.
Per te, e per gli altri “oltre” te.

lunedì 9 luglio 2012

Il cammino per Santiago


Ieri sera ho visto un film, Il cammino per Santiago. Credo sia ancora per poco nelle sale cinematografiche, eravamo pochissimi spettatori in sala ma dal bisbiglio durante la proiezione si capiva che i presenti avevano “fatto” il cammino per Santiago di Compostela.
Il film è commovente. Bello, sobrio, ottima musica, caldi colori, fotografia impareggiabile, attori intelligenti e mai invadenti. Ma quello che mi è rimasto impresso è il blues dell’anima che batte forte a ogni ripresa effettuata nel film, così come a ogni passo o pedalata effettuata nel Camino vero e proprio. Non so perché, ma il Camino ti rimane dentro per sempre.
Con me c’erano due amici, diciamo agnostici. Mi hanno chiesto subito quale volo portasse a Santiago, vogliono intanto andarci per un weekend. Non è poco.
Diretto da Emilio Estevez e interpretato dal padre Martin Sheen, il film rappresenta anche un ritorno della famiglia Estevez alla terra di origine (la Galizia). Il padre dell’attore Martin Sheen, nel 1914, emigrò da Salceda de Caselas per gli Stati Uniti.
E poi c’è la musica galiziana, stupenda. I paesaggi mai dimenticati della meseta spagnola, gli incontri lungo i sentieri, lo zaino, la fatica, il sudore, le cattedrali, i templari. E uno strano spirito che aleggia su chi intraprende il Camino.
Se sia Dio non lo so. Ma è qualcosa che gli va vicino.

venerdì 6 luglio 2012

Nichi Vendola legge don Tonino Bello

Una notizia fresca, bella e sorridente. Nichi Vendola legge e commenta La messa non è finita. Il vangelo scomodo di don Tonino Bello (Rizzoli), venerdì 13 luglio nel festival "Il libro possibile" che si tiene anche questo anno a Polignano a mare. Nessuno glielo ha chiesto, nemmeno l'autore (cioè io). Non c'è da fare pubblicità al libro, uscito a fine maggio. Eppure il governatore della Puglia, leader di Sel, invece di parlare di politica, di spread e di spesa pubblica, approfitta della sua mezzora di tempo per leggere don Tonino.
Intravedo in ciò un miracolo. Un miracolo che nasce da un sentimento individuale e sociale che considera la politica, quella vera, la più alta forma di carità possibile. Una carità che assaggia la libertà della coscienza, il valore della pace, il rispetto per la parola "solidarietà".
Nichi Vendola se ne va in giro l'estate a parlare di don Tonino Bello. Se non è "vera" politica questa, allora questa Italia è davvero senza futuro.
Ricominciare da qui. Da testimoni della speranza che sanno sorridere e tendere la mano a chi non ce la fa ad andare avanti. Dal racconto della loro biografia "possibile". Da parole sacre che formano individui laici e senso per la laicità dello Stato.
Un politico di rilevanza nazionale sta cominciando a farlo. Forse, davvero, non tutto è perduto.

lunedì 2 luglio 2012

Nei giorni dei corvi


Nell’era dei corvi e della caccia alle streghe dentro le mura leonine anche il più lontano fedele della più sperduta parrocchia avrà cominciato a domandarsi: ma cosa sta succedendo in Vaticano? Lettere trafugate (e pubblicate), rivelazioni inedite che disegnano un retroterra fatto di invidie, gelosie. La guerra segreta che si sta consumando in Vaticano comincia a preoccupare più di qualcuno. Gli esperti di “oltretevere” dicono che anche in passato i “corvi” volassero tra gli uffici ovattati della Santa Sede e avessero udienza in più di qualche alto dignitario di corte. Sicuramente è così. Solo che, prima, le questioni più scottanti venivano regolate in famiglia. E nel silenzio assoluto.
La guerra tra bande in corso, perché di guerra si tratta, è l’atto finale di un processo di delegittimazione che le varie “anime” (forse è bene chiamarle lobbies?) cardinalizie e i vari potentati economici che stanziano da sempre in Vaticano si stanno vicendevolmente perpetrando da quando al soglio pontificio si è insediato Benedetto XVI. Lo stesso Giovanni Paolo II, negli ultimi anni della sua vita e a causa della sua malattia, di fatto non governava più la barca di Pietro. Con l’attuale papa la situazione è esplosa, gli equilibri si sono rotti. Prima il dramma dei preti pedofili, poi l’operazione non andata in porto di comprare l’ospedale San Raffaele di don Verzè, infine, e soprattutto, lo Ior, da sempre anello debole (e forte) della complessa governance economica del vaticano, con la sfiducia improvvisa data al suo presidente, Ettore Gotti Tedeschi. Infine lo scontro tra Segreteria di Stato e Cei per il controllo dell’Istituto Toniolo, la cassaforte storica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Lo Ior, la banca vaticana, è il punto di maggiore contrasto. La normativa introdotta nel Vaticano per l’ammissione alla “white list” internazionale degli Stati con i più alti standard di contrasto al riciclaggio di denari sporchi ha avuto pareri discordanti. Una storia di questi ultimi tempi ma che chiarisce bene i confini dello scontro in atto. La legge 127 entrò in vigore il 1 aprile 2011 e fu salutata dall’opinione pubblica con un certo sollievo. Benedetto XVI, con un motu proprio, istituì un’Autorità di Informazione Finanziaria, presieduta dal cardinale Attilio Nicora. L’Autorità doveva avere il pieno controllo su qualsiasi movimento di denaro compiuto da qualsiasi ufficio interno o collegato con la Santa Sede. Una rivoluzione, se si pensa ad alcuni scandali che hanno coinvolto la banca vaticana nel suo recente passato. Peccato che la legge è stata ben presto riscritta e rivista in parte, soprattutto la parte riguardante i poteri dell’Autorità di controllo.
Una guerra sottile, dunque, di cifre, soldi, potere, più che di altro. Guerra che è andata a finire sui giornali di tutto il mondo per via dei documenti riservati dati in pasto alla pubblica opinione. In tutto ciò, se non bastasse, Benedetto XVI si trova a dirimere questioni non proprio “evangeliche” come lo strapotere dei movimenti ecclesiali e le loro rivendicazioni.
Insomma, un mare in tempesta con un capitano che ha ben chiara la rotta da seguire se i suoi aiutanti di bordo facessero il loro dovere. Il paradosso di questa guerra “oltretevere” sta proprio nel ruolo chiave del papa, preso d’assalto da bande di corsari ma con la consapevolezza che da questa debolezza esca fuori una Chiesa più forte. Certo, questi ultimi fatti ci dicono ancor di più che una riforma della curia vaticana appare oggi indispensabile. Una curia leggera, flessibile, con pochi apparati burocratici e in grado di affiancare il papa nel suo annuncio del Vangelo. Se una Chiesa universale lontana dai lacci del potere appare ancora un sogno, una Chiesa che sa governare al suo interno con autorevolezza e profezia c’è davvero da augurarselo. Se pensiamo alle stupende catechesi di Benedetto XVI, alle suo intenso magistero, non possiamo che constatare quanto lo Spirito Santo continui a soffiare dalle parti di San Pietro.
Semmai c’è da rispondere a una domanda che ormai le comunità ecclesiali stanno cominciando a farsi. Cosa è successo negli ultimi anni nella Chiesa universale e soprattutto nella Chiesa italiana? La Chiesa si è preoccupata di annunciare il Vangelo o ha perso tempo nella mediazione con il potere? Al di là dei maggiordomi messi in cella e dei veleni contenuti nelle lettere trafugate, questo è il nocciolo del problema. In una lettera pubblica ai vescovi di tutto il mondo, nel 2009, Benedetto XVI disse: «Se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi gli uni gli altri».
La Chiesa è a un punto di svolta. Mentre la guerra in curia avanza, le ali della profezia reclamano un pezzo di cielo dove vibrarsi in volo. Più che risposte dalla giustizia civile e penale, la Chiesa ha bisogno di tornare all’annuncio del Vangelo. Benedetto XVI lo sa bene. Più che pene esemplari, la forza disarmante del Vangelo.

(l'articolo è pubblicato sul numero di luglio de L'Eco di San Gabriele)