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giovedì 16 ottobre 2014

Questo Sinodo e la dottrina in mezzo al mondo

Articolo apparso oggi sul blog de Il Regno

Gerhard Ludwig Müller, cardinale di Santa Romana Chiesa dallo scorso Concistoro del 22 febbraio, e fedelissimo ratzingeriano messo a tutela della fede nel luglio 2012 come Prefetto della Congregazione della dottrina della fede, non ci è andato per il sottile nell’esprimere la sua contrarietà alla Relatio post disceptationem letta dal card. ungherese Péter Erdő, nonostante la smentita ufficiale oggi in conferenza stampa mediante la voce di padre Lombardi. Prendendo in toto gli inviti alla trasparenza e alla chiarezza, nell’ambito dei lavori sinodali, da parte di papa Francesco, si è fatto sentire, forte della sua autorità derivante dal suo alto ufficio. Anche se al punto 58 della Relationem c' è scritto, altrettanto chiaramente: «Le riflessioni proposte, frutto del dialogo sinodale svoltosi in grande libertà e in uno stile di reciproco ascolto, intendono porre questioni e indicare prospettive che dovranno essere maturate e precisate dalla riflessione delle Chiese locali nell’anno che ci separa dall’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei vescovi prevista per l’ottobre 2015. Non si tratta di decisioni prese né di prospettive facili. Tuttavia il cammino collegiale dei vescovi e il coinvolgimento dell’intero popolo di Dio sotto l’azione dello Spirito Santo potranno guidarci a trovare vie di verità e di misericordia per tutti. È l’auspicio che sin dall’inizio dei nostri lavori papa Francesco ci ha rivolto invitandoci al coraggio della fede e all’accoglienza umile e onesta della verità nella carità». Nello stesso tempo, appare agli occhi di tutti, quanto appaia “strano” che il Prefetto dell’ex Sant’Uffizio sia così pubblicamente, e decisamente, lontano dai desiderata dell’attuale papa.
Appare “strano” perché il binomio Congregazione per la dottrina della fede-ministero petrino, durante i 24 anni anni del duo Wojtyla-Ratzinger, è stato l’asse portante di una Chiesa cattolica fiera detentrice della verità assoluta e pronta a difendere i suoi dogmi e precetti. Il braccio e la mente, insomma. Dove c’è stato poco spazio per un divenire, insieme alle problematiche del mondo, di una dottrina fedele solo a se stessa (o, almeno, in parte). Dottrina ferrea e difesa dei valori non negoziabili che, però, ha fatto acqua da qualche parte. La teologia creativa e innovativa è quasi scomparsa dai radar della ricerca teologica e biblica, la teologia della liberazione messa a tacere a suon di scomuniche e di censure, lo scandalo dei pedofili è stato coperto secondo la ragione di stato per cui i panni sporchi in lavano in casa, la lobby gay ha continuato a imperversare nei seminari e nelle sagrestie, la formazione dei presbiteri ha risentito di un clima da crociata e ha molto guardato a se stessa. E non c’è quasi bisogno di ricordare che l’apporto del laicato nella pastorale e nelle decisioni che contano è stato, se non annullato, almeno rinchiuso in un recinto dove la parola era data solo ai “buoni”, cioè a coloro che si sentivano in perfetta sintonia con il pontificato in corso.
Ora, qualcuno dirà che un Prefetto della congregazione per la dottrina della fede non può, non potrebbe, andare contro i voleri del suo papa. Chi dice questo però non ha fatto i conti con Francesco. Che, con continua e sobria perseveranza, sta disarcionando esattamente quel binomio indissolubile dottrina-Petrus, messo a difesa della Chiesa cattolica, in favore di un binomio in sintonia con le domande di un mondo che ha bisogno di Dio, e cioè popolo di Dio-Petrus. Una Chiesa che non si difende, ma attacca, se l’attacco è inteso, come per Francesco, nella direzione di un atteggiamento sinodale, di dialogo, di discussione, di concreto ascolto dell’altro, che va in direzione di una parresia evangelica realmente ed emotivamente annunciata e praticata.
Ecco perché i contrari a papa Francesco cominciano a innervosirsi. Sta cambiando lo stile dell’annuncio, molto più importante ai loro occhi, dei contenuti. La dottrina scende dal trono e si immerge nei problemi della gente. Ecco perché l’ala più conservatrice dei cardinali la fa invece riemergere nei dibattiti sinodali come scusa “ufficiale” allo stile conciliare di papa Francesco.
Al di là dei risultati di questo Sinodo, la novità è questa. È il vangelo (e non la dottrina) che annuncia Gesù.

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